
Timpetill
Uno scontro tra bande. Una città immaginaria e simbolica. Un romanzo che ha fatto scuola.
Nel 1933, uno scrittore ebreo pubblicò sotto pseudonimo un romanzo bizzarro che nascondeva, sotto i contorni della favola, una profonda critica sociale alla Germania hitleriana. Il romanzo era Timpetill. La città dei ragazzi, dove con incredibile lungimiranza, erano trattati temi che resteranno profondamente radicati nell’immaginario novecentesco a partire da quello della riorganizzazione sociale ad opera di un gruppo di ragazzini. A Timpetill, infatti, una banda di piccoli teppisti porta gli adulti a una tale esasperazione da far loro adottare un’ esemplare punizione: abbandonare la città e lasciare i ragazzi in balia di se stessi. Dovrebbero star via un giorno soltanto, in una sorta di amabile vacanza, ma una serie d’inaspettati contrattempi prolunga la loro assenza. Nel frattempo in città si scontrano due bande rivali, ognuna delle quali decisa a gestire al meglio il funzionamento dei servizi fino alla ricomparsa dei genitori. Tommaso detto Tomà, Manfredo, Rico e Marianna si riuniscono in assemblea, discutono le soluzioni proposte, prendono le decisioni opportune, assegnano a ciascuno un compito.
Una storia vivace e avvincente in ogni sua chiave di lettura, da quella avventurosa e fiabesca fino a quella storico-allegorica. Pubblicato in Italia nel 1942 da una piccola casa editrice, Genio edizioni, il romanzo si salva dalla dimenticanza grazie a Tullio De Mauro che ne parla nella sua Letteratura per l’infanzia, ricordandolo come una “storia profondamente democratica, quella dei bambini che ricostruiscono una comunità dal basso”.